ESG: il punto sui pilastri normativi europei

28/07/2021 15:36:57

Il tema della sostenibilità, intesa come attenzione all’impatto su società e ambiente delle attività di business, sempre più attuale, come è noto ha imposto interventi istituzionali che hanno l’obiettivo di fornire concretezza e omogeneità ai comportamenti degli operatori economici.

L’argomento non è poi così recente. Nel 1987, le Nazioni Unite pubblicarono “Our Common Future” – noto anche come Brundtland Report – delineando per la prima volta il concetto di sviluppo sostenibile.

Nel 2015, sempre le Nazioni Unite adottano “The 2030 Agenda for Sustainable Development”, che promuove un progetto condiviso focalizzato sul connubio tra progresso e benessere delle persone e del pianeta. Al centro ci sono i 17 Sustainable Development Goals (SDGs), che stimolano l’azione in aree di importanza critica per l’umanità e il pianeta.

L’Unione europea è invece recentemente protagonista di un’attività specificatamente legislativa con effetti potenzialmente molto vasti.

L’ambiente è il tema preponderante di un’importante attività di legislazione da parte dell’UE che, attraverso l’Action plan on financing sustainable growth, punta a stabilire una strategia globale per creare un connubio tra finanza e sostenibilità.

E’ possibile riassumere l’Action plan UE in tre macrocategorie:

  • indirizzare i flussi di capitale verso un’economia più sostenibile;
  • integrare la sostenibilità nella gestione del rischio;
  • sostenere la trasparenza e gli investimenti di lungo periodo.

Regolamento (UE) 2019/2088

Un apprezzabile passo in avanti verso l’adozione di criteri per fornire trasparenza e univocità in tema di sostenibilità, per la sempre più crescente domanda di investimenti ESG, è rappresentato dal Regolamento (UE) 2019/2088, denominato Sustainable Finance Disclosure Regulation (SFDR), in vigore dal 10 marzo 2021.

L’UE punta a definire norme armonizzate sulla trasparenza per i partecipanti ai mercati finanziari e i consulenti finanziari per quanto concerne l’integrazione dei rischi di sostenibilità e la considerazione degli effetti negativi per società e ambiente nei loro processi e nella comunicazione delle informazioni legate alla sostenibilità relative ai prodotti finanziari.

Tra gli obblighi più importanti vi è quello di illustrare, sui siti internet e nell’informativa precontrattuale, come le politiche ESG siano integrate nel processo di investimento e, qualora non lo fossero, chiarire per quale motivo, oltre ai piani posti in essere per integrarle.

I progetti di norme tecniche di regolamentazione (RTS) definiscono il contenuto, le metodologie e la presentazione delle informazioni relative alla sostenibilità ai sensi del regolamento SFDR con l’obiettivo di ridurre le asimmetrie informative nelle relazioni principale-agente in questo contesto.

Regolamento (UE) 2020/852

Il processo di armonizzazione in tema di sostenibilità e la promozione di quest’ultimo prende corpo, nella legislazione comunitaria, dapprima dai temi ambientali.

Il Regolamento 2020/852 colma la mancanza di concordanza di linguaggio e di una chiara definizione di ciò che possa intendersi “sostenibile” attribuendosi così l’appellativo di “tassonomia europea”. Stabilisce inoltre i criteri per determinare il grado di ecosostenibilità di un investimento e specifica sei obiettivi ambientali e climatici a cui i prodotti finanziari devono fare riferimento:

– mitigazione del cambiamento climatico;
– adattamento al cambiamento climatico;
– l’uso sostenibile e la protezione delle acque e delle risorse marine;
– transizione verso l’economia circolare;
– prevenzione e riduzione dell’inquinamento;
– la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

Un’attività, affinché possa essere considerata ecosostenibile, deve contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali senza produrre impatti negativi sui restanti. Inoltre, deve essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime (delineate dall’OCSE e dai documenti delle Nazioni Unite).

Direttiva 2014/95/UE

La direttiva 2014/95/UE, detta anche Non-Financial Reporting Directive (NFRD), coinvolge grandi aziende quotate e istituti finanziari (quotati o meno) con più di 500 dipendenti e dispone norme sulla divulgazione di informazioni non finanziarie come parte degli obblighi di rendicontazione pubblica annuale.

La NFRD identifica quattro temi di sostenibilità (ambiente, questioni sociali e dei dipendenti, diritti umani e corruzione) e rispetto a questi temi richiede alle aziende di divulgare informazioni sul loro modello di business, politiche e processi di due diligence implementati, risultati ottenuti, identificazione e gestione dei rischi, KPI rilevanti per il proprio business.

Il 21 aprile 2021, come parte del Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile, la Commissione europea ha presentato la sua proposta per una direttiva sul reporting di sostenibilità aziendale (CSRD), che mira a rivedere e rafforzare le regole esistenti introdotte dalla direttiva sul reporting non finanziario (NFRD), e ad attribuire gradualmente al reporting di sostenibilità un livello di importanza pari a quello finanziario.

La proposta estende i requisiti di reporting di sostenibilità a tutte le grandi aziende e a tutte le società quotate, mentre le PMI non quotate possono adottarli in forma volontaria. Nel complesso, la proposta mira a garantire che le aziende comunichino informazioni affidabili e comparabili sulla sostenibilità, per supportare investitori e stakeholders.

Articolo a cura di Daniele Bianco

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